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La Loggia e l'Odeo Cornaro rappresentano una delle principali testimonianze del rinascimento padovano. Commissionati da uno dei maggiori mecenati del '500 padovano, Alvise Cornaro, il complesso faceva parte di un più ampio corpo di edifici e giardini. L'ispirazione del complesso era quella della villa romana ai margini della città. Infatti, riprendendo la passione rinascimentale per il giardino e dotata di un accesso privilegiato al fiume, come era d'abitudine per le abitazioni patrizie padovane, consente alla Natura di penetrare il tessuto urbano. La LoggiaRealizzata in pietra di Nanto, la Loggia rappresenta una novità nel panorama veneto rinascimentale per la sua destinazione d'uso. Si trattava di una base rialzata con un portico decorato e chiusa da un fondale. Tutto il modello rappresentativo era particolare: pubblico e attori si trovavano così vicini da potersi mescolare. In questa ambientazione la pungente ironia delle rappresentazioni di Angelo Beolco detto il Ruzante, amico e protetto di Alvise Cornaro, risultava ancora più forte: come il complesso mescola Natura e Cultura, così le commedie di Beolco mescolavano umorismo greve a sottigliezza d'analisi, la lingua pavana del popolo sosteneva impianti narrativi della più classica tradizione di Plauto e Aristofane. La ripresa di temi e motivi classici si evidenzia anche nella scelta dei soggetti rappresentati e dei motivi decorativi: le metope e i triglifi dell'architrave o la Vittoria alata sopra l'arco centrale, ma anche le statue di Diana, Venere Celeste e Apollo che si trovano al primo superiore. Stando ad alcune fonti contemporanee alla realizzazione della loggia, queste statue dovrebbero essere opera dello scultore Zuan Padovano, detto da Milan, che alcuni studiosi hanno successivamente identificato con Giovanni Rubino detto Dentone, attivo nella cappella dell'Arca del Santo. L'OdeoL'Odeo venne realizzato qualche anno più tardi, nel 1530 per essere dedicato alla musica, ai dibattiti e alle conversazioni erudite. La facciata è su due piani: al pian terreno una nicchia centrale è affiancata da due finte finestre, a sinistra con un'allegoria di Sole-Giorno, a destra di Luna-Notte, mentre al piano superiore è presente un loggiato coperto da volta a botte. La pianta è un ottagono circondato da aree laterali e nasce su ispirazione della villa di Marco Terenzio Varrone. La volta della stanza centrale dell'Odeo è decorata a "grottesche" su fondo chiaro; questa tipologia di fregi, ispirata della scoperta della Domus Aurea di Nerone, si diffonde nella prima metà del '500 specie a Roma e Mantova e questo ne è il primo esempio patavino. Questi affreschi sono opera di Gualtiero Padovano e riprendono motivi decorativi e simboli che non fanno parte della tradizione padovana, ma cari al '500, probabilmente legati alla pratica alchimistica o ai riti del mondo contadino: putti, satiri, vasi e figure incappucciate di indovini. La padovanità e l'idea di far entrare in maniera preponderante la Natura nella realizzazione del complesso si evidenziano invece negli elementi tratti dalla vita agreste con esempi di flora e fauna locale. Il pittore olandese Lambert Sustris decora le stanze laterali con ampi paesaggi, mentre si ipotizza che gli stucchi siano stati realizzati dai figli di Falconetto e da Tiziano Minio, scultore attivo nell'Odeo negli anni compresi fra il 1534 e il 1537. L'Odeo rimase fino al 1968 abitazione privata e solo i recenti restauri l'hanno riportato a degna collocazione nel complesso monumentale cittadino. In considerazione della fragilità della decorazione e della ristrettezza degli spazi, l'accesso al complesso è consentito solo per turni e per piccoli gruppi accompagnati. |
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